© Yamaguma Dojo Pavullo 2024
L’Aikido è un’arte marziale non violenta e non competitiva in cui si impara ad uscire da qualsiasi presa e ad evitare qualsiasi attacco preservando non solo la propria incolumità, ma anche quella dell’avversario.
Questo significa che lo scopo dell'Aikido non è distruggere l’avversario, ma renderlo inoffensivo senza procurargli un danno permanente oppure, nella sua manifestazione più elevata e spirituale, fare cessare nell'avversario l'intenzione di attaccarci o di causarci danni.
In Aikido non si ha mai un contrasto (dove ovviamente vince il più forte o il più veloce), ma ci si armonizza con la direzione e l’energia dell’attaccante mandandola a vuoto o deviandola per far perdere l’equilibrio a chi ci affronta.
In Aikido non infliggiamo colpi all’avversario (pugni o calci), ma lo immobilizziamo con leve articolari o lo proiettiamo facendolo cadere a terra. Per questo motivo e per volere espresso del Fondatore, nell’Aikido non esiste la competizione, non ci sono gare o incontri. Ogni praticante fa il suo percorso con i suoi modi ed i suoi tempi acquisendo sempre più esperienza che dimostrerà durante i vari esami di cintura che dovrà affrontare.
Il praticante di Aikido, quindi, non deve dimostrare agli altri di essere più forte, deve invece dimostrare a se stesso che sta mettendo a frutto gli insegnamenti e sta progredendo nel cammino di apprendimento.
Per queste ragioni l’Aikido è adatto a qualsiasi età (ci sono diversi bambini e ultracinquantenni che lo praticano con ottimi risultati), ad entrambi i sessi ed a qualsiasi tipo di costituzione fisica.
Le lezioni si svolgono sempre in un clima sereno di collaborazione dove nessuno si fa male e dove i più esperti aiutano i principianti consapevoli del fatto che anche loro erano così quando hanno iniziato.
Originale: “Aikido is not a Martial Art. It is Budo” di LeeAttey, su leeattey.wordpress.com
Traduzione: Enrico Neami (2014)
Recentemente nel corso del Keiko, Sensei (Saito Hitohira Kaicho, ndt) ha parlato dell’allenamento. Ha raccontato di cosa significhi essere un buon uke, e quali siano i punti che ciascuno debba tenere a mente. Ovviamente questa non è una trascrizione di che cosa Sensei ci ha detto. Si tratta delle mie note sui punti importanti di cui lui ci ha parlato. In ogni caso spero che li troverete interessanti.
Ho riportato le parti relative a ciò che disse Sensei in corsivo, il resto sono mie riflessioni e pensieri sul discorso di Sensei.
Quando pratichiamo Aikido, non dobbiamo ricercare la competizione, non dobbiamo tentare di trattenere il nostro partner più forte possibile. Ognuno di noi ha un limite nella forza massima con la quale si può confrontare. Se noi afferrassimo il nostro partner con una forza maggiore di quella con cui egli sia capace di gestire l’allenamento diverrebbe una competizione. L’Aikido non è un’arte marziale. È Budo. Il suo scopo non è solamente di far divenire il praticante più forte fisicamente ma è quello di farlo divenire più forte mentalmente. Ciò si raggiunge attraverso il keiko dell’Aikido, provando a superare ogni volta di più i propri limiti, e per superarli, dobbiamo praticare al livello dei nostri limiti, non al di sopra.
Pensate come un body builder accresce i propri muscoli. Al suo primo giorno di palestra non parte direttamente con i dischi da 30 Kg; invece inizia ad allenare i bicipiti. Sarebbe infatti inutile: non sarebbe in grado di fare un movimento senza oscillare verso l’alto, con un mucchio di slancio e distruggendo completamente la compostezza del gesto atletico. Nell’Aikido è lo stesso.
Un buon uke tenterà di trattenere il partner al limite delle sue forze, cioè sino al punto in cui troverà difficile muoversi liberamente ma riuscirà ancora a farlo. Se il partner non riesce ad eseguire la tecnica, uke deve diminuire la dose di forza, comprendendo quale sia il limite. Non è un cattivo uke quello che inizia la pratica con maggior forza rispetto alle capacità del partner, ma lo è quello che persevera oltre il limite anche avendo compreso quale esso sia.
Sensei ha proseguito: Un buon keiko dell’Aikido è molto più duro da portare a termine di un keiko di una qualsiasi arte marziale competitiva. Nelle arti marziali competitive non si conosce quale sarà la tecnica che verrà eseguita dal partner. Si deve costantemente tentare di intuire quale sarà la tecnica e cercare di controbattere. È facile essere un buon uke nel Judo: se la proiezione è buona si viene proiettati, se non lo è, non si cade.
Al contrario nell’Aikido si conosce sempre la direzione in cui il partner muoverà un passo, o si sposterà o tirerà. Sarebbe facile contrastare il movimento e riprendere l’equilibrio. Ma questo non sarebbe keiko. Sostanzialmente si starebbe evadendo dalla tecnica. Il partner dovrebbe continuamente cambiare la propria tecnica per potervi proiettare. Ciò non è keiko.
Uke deve assumere una posizione all’inizio della tecnica e tentare di non muoversi da lì. Se il suo equilibrio viene rotto (dal partner), allora deve accettare il fatto e seguire il movimento. In ogni caso non mostrate mai intenzionalmente la vostra schiena al partner. Quello che stiamo praticando è BUDO non un’arte marziale. Se nel Budo mostrate la schiena a qualcuno, siete morti. Dovete tenerlo bene a mente quando fate le tecniche ed anche quando fate da uke. Dovete avere questo sentimento quando praticate.
Quando O Sensei voleva dimostrare qualche tecnica, non diceva mai che cosa stesse per fare. Semplicemente la faceva. Ciò comportava che gli uke non riuscivano né ad assecondare il movimento, né ad eluderlo.
Se il vostro partner tenta di uscire dalla vostra tecnica allora non avete più bisogno della tecnica.
Perché dovreste proiettare qualcuno che se ne vuole andare già via da voi? Gli uke dovrebbero piantare i loro piedi e tentare di mantenere la posizione. Esattamente come un sacco da pugile in una palestra di boxe. Il sacco non tenta mai di scappare dal pugile: infaticabile, rimane lì appeso. Un buon uke dovrebbe fare lo stesso. Avendo a disposizione un uke che non si muove, allora possiamo studiare come rompere il suo equilibrio e controllarlo con una determinata tecnica.
Quando il partner diviene reattivo a ciò che succede, allora anche il Nage dovrebbe divenire reattivo alla reazione. Questa è l’essenza dell’awase: armonizzarsi con il partner.
Come ho scritto, questa non è una trascrizione ma la mia ricostruzione di quanto detto, pubblicata qui per le persone che potrebbero trovarla utile. Vi prego di non prendere alcuna di queste frasi come una citazione diretta di Sensei (Saito Hitohira Kaicho, Ndt). Grazie.
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